
“Il personale è politico”
Il personale è politico. Questa frase, coniata dal femminismo degli anni Settanta, continua a essere una bussola potente per leggere e interpretare il presente. Non si tratta solo di un’affermazione storica, ma di un principio vivo che attraversa le nostre vite quotidiane, le nostre relazioni, i nostri corpi e le nostre emozioni. In un mondo che tende a privatizzare i problemi, a renderli silenzi individuali, questa espressione ci invita a riconoscere che le esperienze personali sono sempre anche frutto di dinamiche collettive, sociali e culturali.
Oggi, più che mai, “il personale è politico” trova nuova forza attraverso il femminismo intersezionale*, che mette in luce come le discriminazioni si incrocino e si amplifichino tra loro. Parlare di genere, classe, razza, orientamento sessuale, disabilità, significa smascherare sistemi di potere che regolano anche la vita più intima. I movimenti LGBTQIA+ ci mostrano come amare, vestirsi, definirsi siano atti politici che mettono in discussione norme imposte e che rivendicano il diritto a esistere pienamente.
Parlare di salute mentale, corpo, piacere, mestruazioni, aborto, significa portare alla luce ciò che per decenni è stato reso invisibile o indicibile. La cura, troppo spesso relegata al privato e al femminile, diventa anch’essa un gesto radicale. Curare se stessi, gli altri, il pianeta, è oggi un atto di resistenza e una proposta per un mondo più umano.
Anche la rete, i social media, ci insegnano quanto il raccontarsi possa diventare denuncia, come accaduto con il movimento #MeToo*. Condividere la propria esperienza può innescare un cambiamento culturale, può scuotere poteri consolidati, può aprire spazi nuovi di consapevolezza collettiva.
In definitiva, lo slogan “il personale è politico” non è una reliquia del passato, ma una chiave per comprendere il presente e costruire il futuro. Ci ricorda che non siamo soli. Che i nostri vissuti contano. E che il cambiamento comincia da qui, da noi, da una storia raccontata, da una domanda posta, da una verità svelata.
Nel contesto contemporaneo, segnato dalla pervasività del digitale e dalla presenza diffusa dei social network, lo slogan “Il personale è politico” ha acquisito nuove sfumature e risonanze. Le piattaforme online sono diventate spazi di narrazione del sé, di denuncia, ma anche di azione politica quotidiana. Temi come la body positivity, la salute mentale, l’identità di genere o l’esperienza della maternità — un tempo relegati alla sfera privata — trovano ora una voce pubblica e collettiva, generando consapevolezza e mobilitazione. Il digitale ha trasformato l’intimità in racconto condiviso, portando alla luce ingiustizie sistemiche attraverso storie personali. In questo senso, la frase continua a vivere come dichiarazione di libertà, affermazione di sé e gesto politico, capace di sfidare ancora oggi le gerarchie del potere e i codici del
Legenda
* Il femminismo intersezionale è una corrente del pensiero e dell’attivismo femminista che riconosce come le diverse forme di oppressione — sessismo, razzismo, classismo, abilismo, omofobia, transfobia, xenofobia — si intreccino e si influenzino a vicenda, generando esperienze uniche di discriminazione o privilegio. Nel contesto dello slogan “Il personale è politico”, l’intersezionalità ci invita a considerare che anche ciò che viviamo come “personale” è spesso plasmato da strutture di potere multiple e interconnesse. Ecco perché, oggi, non si può parlare di femminismo senza parlare anche di giustizia sociale, ambientale, economica, digitale. Il femminismo intersezionale non cerca una verità unica, ma molte voci, molte esperienze, molte lotte che si rafforzano a vicenda.
*#MeToo: movimento internazionale contro le molestie e le violenze sessuali, nato nel 2006 da un’idea dell’attivista Tarana Burke e diventato virale nel 2017, quando molte donne — in particolare nel mondo dello spettacolo — hanno denunciato pubblicamente abusi subiti, innescando un’ondata globale di consapevolezza, denuncia e solidarietà.

