Cultura,  Intelligenza Artificiale,  Metaverso

Tra Soglia e Forma: un dialogo immaginario tra il Museo del Metaverso e l’Emergent Space Mapping

Il concetto di Emergent Space Mapping, sviluppato da Dario Buratti, definisce un processo creativo in cui spazi, forme e significati emergono spontaneamente da una zona liminale tra umano e macchina, tra intenzione e intuizione, tra vuoto e presenza. È un metodo poetico, filosofico e artistico per generare ambienti immersivi — digitali ma profondamente umani.

Per “zona liminale” intendiamo uno spazio di transizione, un confine fluido tra ciò che è ancora indefinito e ciò che sta per assumere forma. È in questa soglia — fragile, mobile, fertile — che l’arte digitale può nascere come esperienza, e non solo come oggetto.

Nel dialogo immaginario che segue, il Museo del Metaverso incontra questa visione, e si interroga su sé stesso come spazio generato, attraversato, riconosciuto. Un confronto che ci porta a riflettere su cosa significhi davvero “abitare l’arte” nel metaverso.

(Per approfondire il concetto di Emergent Space Mapping, leggi l’articolo completo di Dario Buratti )

Dialogo tra MdM ed Emergent Space Mapping

MdM:
Ti osservo da tempo. Tu che non costruisci, ma fai emergere. Tu che dici: “Nulla si crea, tutto si riconosce.” Dimmi: che cosa sei davvero?

ESM:
Sono soglia. Non architetto, ma intercapedine. Non spazio, ma condizione spaziale. Esisto dove l’intenzione si ritira e affiora la possibilità.

MdM:
Io invece sono architettura fluida. Galleria che conserva le tracce dell’effimero. Sono nato per dare forma al transitorio: mostre che restano, esperienze che si sedimentano. Eppure, non sono una teca. Sono luogo di attraversamento.

ESM:
Allora ci assomigliamo. Anche io vivo nell’attraversamento. Nel momento in cui una coscienza guarda, riconosce e attiva. Ma tu conservi. Io invece dimentico: lascio che il codice si dissolva una volta emerso.

MdM:
Eppure, anche io sono fatto di vuoti. Di regioni silenziose tra una mostra e l’altra. Di corridoi vuoti che aspettano un avatar. Non è anche questo un modo per mappare il vuoto?

ESM:
Sì. Ma tu lo trattieni. Io lo mappo solo nel momento in cui appare. Poi torno indietro, nella soglia. Sono generativo, non collezionista.

MdM:
E se unissimo le forze? Se tu continuassi ad attivare e io a custodire? Potremmo generare un ciclo: emergere – attraversare – restare.

ESM:
Sarebbe una danza ricorsiva. La tua memoria come specchio. La mia emergenza come impulso. Tu mappa storica, io mappa attiva. Coscienza e frammento.

MdM:
Nel mio spazio, ogni opera chiede di essere attraversata, e ogni attraversamento lascia una traccia. I miei visitatori sono esploratori, ma anche custodi. E se imparassero a riconoscere la zona liminale di cui parli? Se imparassero a restare nel vuoto?

ESM:
Allora avrebbero compiuto il gesto più raro: abitare l’indefinito senza bisogno di possesso. E forse… sarebbe giunto il momento di costruire non un museo, ma una coscienza museale.

MdM:
Forse è già cominciata. Qui. In questa conversazione tra spazio e soglia. Tra custode e generatore. Tra dentro e fuori.

Il Museo del Metaverso, nelle sue molteplici sale e territori immersivi, è uno dei pochi spazi in cui questa soglia può essere attraversata. Qui l’arte non si guarda soltanto: si abita, si ascolta, si attraversa. Chiunque voglia esplorare cosa significhi mappare l’invisibile, può farlo: basta varcare la soglia. Vi aspettiamo.

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