
Come Si Guarda Un’opera D’arte
Come si guarda un’opera d’arte?
Questa è una delle domande più profonde e decisive dell’estetica contemporanea: come guardare un’opera d’arte?
E ancora: a chi appartiene il significato dell’opera? All’artista? Al pubblico? All’opera stessa?
1. L’opera è tutto ciò che il visitatore vuole che sia?
Questa è una visione molto diffusa oggi, soprattutto nella scia del postmodernismo e del pensiero decostruzionista.
In questa prospettiva, l’opera non ha un significato “fisso” o oggettivo, ma vive nell’esperienza del pubblico,
nei suoi sguardi, nelle sue proiezioni, nel suo contesto culturale.
Roland Barthes, ad esempio, parlava della “morte dell’autore”, sottolineando che il senso di un testo (o opera)
non è più determinato da chi lo crea, ma da chi lo legge o lo guarda.
In questa chiave, si potrebbe affermare che ogni spettatore crea una sua opera nel momento in cui la guarda.
2. Oppure bisogna interpretare l’opera? Capirla?
Questa visione implica invece che l’opera abbia un’intenzione, un contesto, un linguaggio, e che per entrare
davvero in relazione con essa occorra uno sforzo di comprensione.
Chi sostiene questo approccio — più “ermeneutico” — direbbe che non si può (o non si deve) ignorare
il contesto storico, il pensiero dell’artista, le tecniche, le simbologie.
Capire un’opera significa entrare nel suo mondo, non solo proiettarle il nostro.
3. La verità sta forse nel mezzo?
Molti pensatori contemporanei (come Jacques Rancière o Georges Didi-Huberman)propongono una via più complessa e sfumata.
Secondo loro:
* l’opera ha una sua forza autonoma, non riducibile né all’intenzione dell’artista né alle interpretazioni del pubblico;
* guardare davvero un’opera significa lasciarsi colpire da essa, ma anche restare aperti alla sua opacità, al fatto che non tutto debba essere capito.
Rancière parla di “emancipazione dello spettatore”: lo spettatore non è passivo, ma neppure totalmente sovrano. È in dialogo con l’opera.
E questo dialogo non ha una fine netta.
Come ci si deve porre allora di fronte a un’opera d’arte?
Siamo arrivati a definire che:
– non esiste un unico significato univoco;
– lo spettatore non è né completamente sovrano né totalmente passivo;
– l’opera non è mai completamente trasparente.
Ora possiamo andare un passo oltre e introdurre un concetto chiave:
L’opera d’arte come spazio di incontro.
L’opera vive nel punto in cui si incontrano:
– l’intenzione dell’artista (il suo mondo, il suo vissuto, la sua ricerca estetica, culturale, esistenziale);
– la materia dell’opera stessa (il suo linguaggio formale: colori, segni, materiali, simboli, stili);
– lo sguardo dello spettatore (con la sua sensibilità, le sue conoscenze, i suoi vissuti, i suoi pensieri).
In altre parole:
L’opera non è mai “quella cosa lì” una volta per tutte, ma accade ogni volta che uno spettatore la incontra.
Ecco perché ogni visione è in qualche modo irripetibile, ma non arbitraria: è un dialogo.
Vi propongo ora qualche chiave di lettura molto pratica, da usare ogni volta che guardiamo un’opera:
– Fermati davanti all’opera senza fretta. Prima ancora di capire, lascia che ti parli. Cosa senti? Ti attira? Ti respinge? Ti turba? Ti consola?
– Chiediti: cosa vedo? Descrivi semplicemente ciò che appare: forme, colori, materiali, soggetti.
– Pensa al contesto. Quando è stata fatta? Da chi? In quale periodo storico? Con quali tecniche?
– Chiediti: quali emozioni o pensieri mi suscita? Non aver paura di coinvolgere la tua esperienza personale.
– Infine: cosa potrebbe voler dire l’artista? Leggi, informati, cerca di avvicinarti alla sua visione, senza pretendere di possederla del tutto.
E per concludere:
l’opera d’arte non è mai solo da capire o solo da sentire. È entrambe le cose.
Come scriveva Paul Valéry: “Vedere è già un atto creativo.”
